Le pietre dei nostri magistri

Se i nostri carpentieri (di cui abbiamo già parlato) si erano specializzati anche grazie alle folte selve di castagno presenti presso il Lario già in epoca romana, i picapréda (scalpellini) e i costruttori intelvesi, tanto famosi a partire dal Medioevo, potevano anch’essi disporre di molti materiali utili per affinare le loro tecniche.

Prima di tutto il Calcare di Moltrasio (roccia giurassica, sedimentatasi circa 190 milioni di anni fa in un profondo golfo marino), che forma tutti i monti della nostra valle, innalzatisi (insieme alle Alpi) durante l’Orogenesi Alpina, che ha avuto il suo culmine circa 20 milioni di anni fa. Questa roccia (così chiamata perché a Moltrasio c’erano importanti cave), che si estende da Cernobbio a Tremezzo e anche al di là del lago, si presenta in strati compatti, per cui è abbastanza semplice ricavarne bozze regolari, da essere poi eventualmente squadrate dallo scalpellino: da ciò il suo massiccio utilizzo nell’edilizia locale. Inoltre, dal calcare (carbonato di calcio) si otteneva la calce, che è l’elemento che fa presa nella malta.

Poco lontano, in Valsolda e Val Menaggio, affiorano invece rocce triassiche, in particolare la Dolomia Principale, creatasi intorno 210 milioni di anni fa da “piattaforme carbonatiche” formate da colonie di coralli e madrepore, in un ambiente lagunare poco profondo, caldo e ricco di sali, che ha permesso la “dolomitizzazione” del calcare, formando appunto la Dolomia (carbonato di calcio e magnesio). Da questa roccia si poteva ottenere una calce “magnesiaca”, meno forte nella presa ma, pare, più resistente agli agenti atmosferici: forse per questo, a Genova, i magistri Antelami (intelvesi) preferivano utilizzare la calce “magnesiaca”.

Un’altra roccia sedimentaria reperibile presso il Lario è il calcare nero (bituminoso) di Varenna, detto impropriamente “marmo”, perché utilizzato spesso insieme al marmo bianco di Musso e lavorato allo stesso modo. Non è un vero marmo, perché non è metamorfico.

I nostri magistri avevano comunque a disposizione nelle nostre zone anche rocce cristalline, sia metamorfiche che intrusive.

Prima di tutto il già nominato marmo di Musso, che appartiene a una formazione che si estende anche al di là del lago (Olgiasca). I marmi sono rocce metamorfiche derivate soprattutto da calcari che hanno subìto la “metamorfosi” a causa delle alte temperature e pressioni in occasione della formazione dei monti (orogenesi), assumendo una struttura cristallina: sono costituiti quindi prevalentemente da carbonato di calcio metamorfizzato.

Il marmo di Musso si è formato durante l’Orogenesi Ercinica (circa 350 milioni di anni fa) ed è riemerso insieme alla Alpi meridionali durante quella Alpina (30-20 milioni di anni fa).

Fu usato dai Romani (colonne di S. Lorenzo a Milano) e nel Medioevo (duomo di Como).

Gli Intelvesi avevano a disposizione anche altre rocce cristalline (granito, serizzo, gneis) presenti sotto forma di ciottoli o anche di grossi massi erratici trasportati dai ghiacciai durante le numerose (più di 10) glaciazioni, provenienti quindi da differenti valli alpine.

Dai massi erratici sono stati ricavati stipiti, architravi, mensole e angolari, da utilizzare dove occorreva una maggiore resistenza alle sollecitazioni meccaniche o all’erosione.

La presenza di materiale adatto all’edilizia nelle terre lariane e luganesi ha certo contribuito all’iniziale specializzazione delle popolazioni locali, che poi, grazie a diverse contingenze storiche, avrebbero avuto in seguito una diffusione e affermazione a livello europeo.

Nelle nostre zone, la disponibilità del materiale ha condizionato anche l’aspetto delle abitazioni più povere, dove non era possibile ricorrere al trasporto a lunga distanza della pietra desiderata, per cui si utilizzavano quelle che si trovavano sul posto. Così, mentre all’Ape del Pesciò, lungo le pendici del Monte Generoso (dove affiora la roccia “in posto”) le cascine sono fatte con bozze abbastanza regolari di Calcare di Moltrasio e presentano un’uniforme colorazione grigiastra, invece presso il Cauglio di Sopra (Pellio), il muro appare “multicolore”, essendo costituito da ciottoli cristallini reperiti nel terreno morenico circostante, dove materiale eterogeneo (proveniente da diverse vallate alpine) è stato rimescolato durante il trasporto da parte del ghiacciaio. La copertura morenica in questa zona, dove le due lingue di ghiaccio che salivano da Argegno e da Osteno si sono incontrate, è particolarmente spessa: se i costruttori della cascina di Cauglio avessero voluto cavare il Calcare di Moltrasio, per trovarlo avrebbero dovuto scavare per… circa 70 metri!

Marco Lazzati